Imma Orlando

Ano Kastri­tzi.

La ter­raz­za segre­ta di Patrasso.

Sali per sete, resti per amore”.

Ano Kastri­tzi non è solo un vil­lag­gio: è un incan­te­si­mo d’altura. Appe­na oltre Patras­so, basta una cur­va in più per lascia­re il rumo­re e abban­do­nar­si alla quie­te di una cat­te­dra­le ver­de, scol­pi­ta dal tem­po e custo­di­ta da un’acqua che ha attra­ver­sa­to le ere. Que­sto pic­co­lo bor­go, ada­gia­to sul­le altu­re, non si impo­ne allo sguar­do, non si pub­bli­ciz­za. Ma esi­ste con la for­za del­le cose che con­ta­no dav­ve­ro. Il mio incon­tro con Ano Kastri­tzi è comin­cia­to seguen­do una sete. Non di bel­lez­za, non di pace — quel­la è arri­va­ta dopo. Cer­ca­vo acqua viva. Non quel­la imbot­ti­glia­ta, ma l’acqua che nasce dal­la roc­cia e attra­ver­sa il tem­po. Un’acqua che non si pren­de: si riceve.

La sor­gen­te:

Qui, lun­go Tza­ni 20, la fon­te di Nero­mà­na sgor­ga come un cuo­re che pul­sa nel grem­bo del bosco. La sor­gen­te si apre in un pic­co­lo par­co, abbrac­cia­to da pla­ta­ni anti­chi, pon­ti­cel­li e pan­chi­ne: un rifu­gio pen­sa­to da mani uma­ne, ma ispi­ra­to alla natu­ra stes­sa. La stra­da che con­du­ce alla sor­gen­te è un’opera sin­fo­ni­ca del­la natu­ra: casca­te che si sus­se­guo­no come ver­si di una poe­sia liqui­da, ruscel­li che scor­ro­no tra le pie­tre e le case, in un intrec­cio di suo­ni che muta­no ad ogni pas­so, tra la vege­ta­zio­ne e i suoi pro­fu­mi bal­sa­mi­ci e sel­va­ti­ci. Acqua e bosco si pro­teg­go­no a vicen­da, com­pli­ci in un abbrac­cio vicendevole.

(video casca­te e ruscelli)

 

Anche il bosco can­ta la sua melo­dia: gli uccel­li rica­ma­no can­ti tra i rami, il ven­to dan­za tra le fron­de, e i rag­gi del sole — come un diret­to­re d’orchestra invi­si­bi­le — gui­da­no il rit­mo tra luce ed ombra come bat­ti­ti. Il cuo­re ascol­ta. E si pla­ca. Arri­va­re alla fon­te diven­ta qua­si secon­da­rio. È il cam­mi­no stes­so a puri­fi­ca­re. E quan­do final­men­te ti chi­ni a riem­pi­re la tua bot­ti­glia, sco­pri che non stai por­tan­do via solo acqua. Stai por­tan­do via un fram­men­to di te che ave­vi dimen­ti­ca­to di cercare.

Vil­lag­gio ed abi­tan­ti: (foto vil­lag­gio e albe­ro maestro)

Dopo aver incon­tra­to la sor­gen­te, potre­sti pen­sa­re che il cuo­re del luo­go sia lì. Ma Ano Kastri­tzi non fini­sce alla fon­te. Con­ti­nua negli occhi di chi lo abi­ta. I gat­ti si muo­vo­no con cal­ma da mae­stri zen, le libel­lu­le – mes­sag­ge­re d’altri tem­pi – dise­gna­no tra­iet­to­rie invi­si­bi­li, le far­fal­le sfio­ra­no i gera­ni e le rose sel­va­ti­che come per dare il ben­ve­nu­to. Poi arri­va­no loro, i veri custo­di: gli anzia­ni sedu­ti all’ombra, rac­col­ti in cer­chi di paro­le sen­za fret­ta. Le loro ami­ci­zie han­no radi­ci pro­fon­de, tan­to quan­to i gran­di albe­ri che veglia­no sul pae­se, inca­sto­na­ti tra le costru­zio­ni in pie­tra, inglo­ba­ti sì, ma mai sot­to­mes­si. Lo sguar­do degli abi­tan­ti ti acco­glie come fa l’acqua: è gen­ti­le, fer­mo. Non ti chie­do­no da dove vie­ni. I loro occhi dico­no sol­tan­to: “Ben­ve­nu­to. Ora che sei qui, abbi­ne cura anche tu.”

Bel­ve­de­re: (foto bel­ve­de­re + piaz­za con gatto)

Nel bor­go la natu­ra si fa discre­ta. Si spo­sta un po’ tra le case – come per dire: “Ora guar­da.” E lì si apro­no piaz­zo­le, pic­co­li bel­ve­de­re silen­zio­si, ter­raz­ze affac­cia­te sul mare lon­ta­no. Non è solo un bel­ve­de­re. È una ter­raz­za sacra sul mon­do. Da las­sù il mare scin­til­la come se stes­se riden­do al sole. Le navi sem­bra­no carez­ze len­te che sci­vo­la­no silen­zio­se e fie­re, e quan­do il tra­mon­to le avvol­ge, l’aria si veste d’oro e di rosa. È allo­ra che i pen­sie­ri si fan­no leg­ge­ri, e si viag­gia anche restan­do fer­mi. È lì che ti accor­gi che non stai guar­dan­do un pae­sag­gio: stai leg­gen­do una poesia.

(Foto e chiusura)

Anche la disce­sa ver­so Patras­so diven­ta una poe­sia. Ano Kastri­tzi ti accom­pa­gna dol­ce­men­te, ti guar­da andar via come fa chi ama dav­ve­ro: non trat­tie­ne, ma ti fa veni­re voglia di tor­na­re. E infat­ti, una vol­ta vis­su­to… è impos­si­bi­le non voler tor­na­re. Que­sto non è un luo­go da attra­ver­sa­re in fret­ta o foto­gra­fa­re distrat­ta­men­te: è un var­co, una soglia che si apre solo a chi cam­mi­na pia­no, a chi ha cuo­re aper­to, mani vuo­te, occhi nuo­vi. Non tro­ve­re­te né vetri­ne né fol­le. Tro­ve­re­te acque che can­ta­no e accol­go­no, albe­ri che inse­gna­no sen­za par­la­re, vol­ti anti­chi che san­no rico­no­sce­re chi è in cer­ca di bel­lez­za vera. Sali­te. Por­ta­te tani­che, rispet­to e voglia di stu­pir­vi. Ano Kastri­tzi vi atten­de. Ma solo se sie­te pron­ti a riceverlo.

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