La patria è una culla che ti accoglie senza conoscerti
e ti dondola fra le sue braccia.
E’ una culla di chilometri e chilometri
che da neonato a vecchio canuto,
se sei fortunato a restarci,
ti ospita e ti riscalda nel suo variopinto seno.
Sei piccolissimo per lei, un puntino infinitesimo
fra le sue coltri arabescate,
ma a te essa dona,
fin da quando apri gli occhi alla vita,
tutti i suoi inestimabili tesori.
E tu respiri i suoi colori, la sua aria, la sua luce.
Tu non hai chiesto niente.
Non l’hai scelta deliberatamente.
Lei è come una madre che ti dà la vita
e poi ti trasmette tutto di sè, nel bene e nel male.
La patria è come una coltre
che ti copre e ti avvolge fin dal primo vagito.
Per te è azzurra e soffice
per lui bianca e spessa
per altri grigina e stinta,
ma per tutti è calda ugualmente.
E la sua lingua
con tutte le sue parole,
i suoi nomignoli, i suoi accenti,
il suo familiare eco
di giorni e di secoli
ti lega a sè per sempre
perchè scorre nelle tue vene dal primo tuo giorno
come un sangue vivificatore.
Le sue città maestose,
i suoi paesini minuscoli e sperduti
i suoi monti impervi e vedeggianti,
i suoi laghi incastonati come gemme
i suoi mari pescosi, le sue spiagge bianche
i suoi duomi e le sue piazze
il pensiero dei suoi figli di ora
e di quelli che tacciano da secoli,
ma parlano più dei vivi nelle parole dei libri,
sono nel tuo DNA, come un marchio ereditario.
Spesso uno non sa cosa sia la patria
finchè ne mangia a sazietà
ritenendola un pane a volte saporito,
ma tanto tanto scontato.
La tua patria
l’apprezzi veramente senza enfasi
ed inutili campanilismi,
ma con la devozione ed il rimpianto
di un figlio per una madre lontana,
quando da lei ti distacchi
e ti trapianti in un’altra patria.
Allora, senza volerlo, d’istinto
con uno slancio sincero che sgorga dal cuore
rimpiangi quella culla
che ti ha accolto e cresciuto
plasmandoti a suo modo
ed infondendoti il suo inconfondibile colore.
E spesso soffri
perchè ti manca questo contatto amico
come il seno di una madre.
Ma nessuno ne ha colpa.
L’altra patria è patria per i suoi
e un’altra per altri ancora.
Certo, a volte, disprezziamo i nuovi compatrioti
perchè, abituati a cuscini di seta,
ci paion ruvidi quelli di telaccia,
oppure ci sentiamo boriosamente superiori
accanto ad ignoranti sottosviluppati.
Ciò ha portato spesso, nei dedali della storia,
a far della patria una sporca prepotente,
imperiosa, profittatrice e dominatrice dei ‘’diversi’’.
E tutti i grandi condottieri ed i grandi imperi
hanno portato ai vinti
progresso e lumi di violenza e morte.
La patria è un patchword
di mille profumi, di mille diversità
di migliaia di esseri diversi
che vivono sotto la stessa volta stellata
condividendo una terra.
Ma non è bella l’altisonante retorica
il roboante e vuoto patriottismo cieco e sordo
a tutti gli altri patriottismi che sono suoi fratelli
abitanti in altri luoghi del pianeta e del cosmo.
Patria dell’uomo
sarebbe stupendo fosse il mondo intero,
anzi, tutto il creato:
cosa quasi impossibile per noi, limitatissime bestiole
del tempo e dello spazio.
Cittadini del mondo
si proclamano gli illuministi
applicando però questa sacrosanta ricetta
con la ferrea ragione che appiattisce ed omette
il diverso,
rende giustizia, ma depaupera e scolora.
La natura ci insegna
quale tesoro sia il suo pirotecnico magma:
ogni fiore è patria per le api,
ogni monte per stambecchi e cervi
ogni abisso per i suoi pesci e squali.
Per me, patria è l’Italia,
poteva esserlo l’Abissinia, il Perù o l’India
se fossi nata a Calcutta.
La sua bandiera sempre mi commuove
ed i suoi colori, mi danno qui, nella mia seconda patria,
emozioni e rimpianti, ricordi belli e fantastici
brutti ed anche angoscianti, scorci di luce e di buio
che hanno fatto da sfondo alla mia giovinezza.
Questo è patria:
una grandissima famiglia, infinitamente complessa
e difficile da gestire,
intricata di gusti, di usi, di pensieri comuni e diversi
che però sente di voler restare attorno allo stesso tavolo
per condividere con tutti i suoi membri
i pranzi e le cene dialogando con la stessa favella.
E, tutti i cittadini dovrebbero essere onesti e consapevoli
per aiutarla a procedere lungo la sua strada terrena.
Ma basta.
La mia patria lontana è dento di me
perchè in essa mi è toccato in sorte di nascere
ed essa mi ha involontariamente permeato
con le sue parole, la sua arte, il suo pensiero negli anni.
Nel tepore delle sue braccia mi sento a casa
indipendentemente dai suoi molti errori
per cui potrei rivolgere delle critiche o dei rimproveri.
E’ spesso così difficile andar d’accordo in cinque o sei in famiglia,
figuriamoci se si è milioni di formiche sparse,
tanto simili, ma tanto differenti ad un tempo.
A lei io sono legata strettamente
come le pagine di un libro
di cui fanno inscindibilmente parte
che se le strappi c’è un vuoto enorme
e della trama il senso è incompiuto e povero.
Lei vive in me.
nella parte più segreta e protetta del mio pensiero
dove da anni sta in un dolce e benefico letargo
che alimenta e illumina tutti i miei nuovi giorni.
Luciana Frassetto
La patria è una culla che ti accoglie senza conoscerti
e ti dondola fra le sue braccia.
E’ una culla di chilometri e chilometri
che da neonato a vecchio canuto,
se sei fortunato a restarci,
ti ospita e ti riscalda nel suo variopinto seno.
Sei piccolissimo per lei, un puntino infinitesimo
fra le sue coltri arabescate,
ma a te essa dona,
fin da quando apri gli occhi alla vita,
tutti i suoi inestimabili tesori.
E tu respiri i suoi colori, la sua aria, la sua luce.
Tu non hai chiesto niente.
Non l’hai scelta deliberatamente.
Lei è come una madre che ti dà la vita
e poi ti trasmette tutto di sè, nel bene e nel male.
La patria è come una coltre
che ti copre e ti avvolge fin dal primo vagito.
Per te è azzurra e soffice
per lui bianca e spessa
per altri grigina e stinta,
ma per tutti è calda ugualmente.
E la sua lingua
con tutte le sue parole,
i suoi nomignoli, i suoi accenti,
il suo familiare eco
di giorni e di secoli
ti lega a sè per sempre
perchè scorre nelle tue vene dal primo tuo giorno
come un sangue vivificatore.
Le sue città maestose,
i suoi paesini minuscoli e sperduti
i suoi monti impervi e vedeggianti,
i suoi laghi incastonati come gemme
i suoi mari pescosi, le sue spiagge bianche
i suoi duomi e le sue piazze
il pensiero dei suoi figli di ora
e di quelli che tacciano da secoli,
ma parlano più dei vivi nelle parole dei libri,
sono nel tuo DNA, come un marchio ereditario.
Spesso uno non sa cosa sia la patria
finchè ne mangia a sazietà
ritenendola un pane a volte saporito,
ma tanto tanto scontato.
La tua patria
l’apprezzi veramente senza enfasi
ed inutili campanilismi,
ma con la devozione ed il rimpianto
di un figlio per una madre lontana,
quando da lei ti distacchi
e ti trapianti in un’altra patria.
Allora, senza volerlo, d’istinto
con uno slancio sincero che sgorga dal cuore
rimpiangi quella culla
che ti ha accolto e cresciuto
plasmandoti a suo modo
ed infondendoti il suo inconfondibile colore.
E spesso soffri
perchè ti manca questo contatto amico
come il seno di una madre.
Ma nessuno ne ha colpa.
L’altra patria è patria per i suoi
e un’altra per altri ancora.
Certo, a volte, disprezziamo i nuovi compatrioti
perchè, abituati a cuscini di seta,
ci paion ruvidi quelli di telaccia,
oppure ci sentiamo boriosamente superiori
accanto ad ignoranti sottosviluppati.
Ciò ha portato spesso, nei dedali della storia,
a far della patria una sporca prepotente,
imperiosa, profittatrice e dominatrice dei ‘’diversi’’.
E tutti i grandi condottieri ed i grandi imperi
hanno portato ai vinti
progresso e lumi di violenza e morte.
La patria è un patchword
di mille profumi, di mille diversità
di migliaia di esseri diversi
che vivono sotto la stessa volta stellata
condividendo una terra.
Ma non è bella l’altisonante retorica
il roboante e vuoto patriottismo cieco e sordo
a tutti gli altri patriottismi che sono suoi fratelli
abitanti in altri luoghi del pianeta e del cosmo.
Patria dell’uomo
sarebbe stupendo fosse il mondo intero,
anzi, tutto il creato:
cosa quasi impossibile per noi, limitatissime bestiole
del tempo e dello spazio.
Cittadini del mondo
si proclamano gli illuministi
applicando però questa sacrosanta ricetta
con la ferrea ragione che appiattisce ed omette
il diverso,
rende giustizia, ma depaupera e scolora.
La natura ci insegna
quale tesoro sia il suo pirotecnico magma:
ogni fiore è patria per le api,
ogni monte per stambecchi e cervi
ogni abisso per i suoi pesci e squali.
Per me, patria è l’Italia,
poteva esserlo l’Abissinia, il Perù o l’India
se fossi nata a Calcutta.
La sua bandiera sempre mi commuove
ed i suoi colori, mi danno qui, nella mia seconda patria,
emozioni e rimpianti, ricordi belli e fantastici
brutti ed anche angoscianti, scorci di luce e di buio
che hanno fatto da sfondo alla mia giovinezza.
Questo è patria:
una grandissima famiglia, infinitamente complessa
e difficile da gestire,
intricata di gusti, di usi, di pensieri comuni e diversi
che però sente di voler restare attorno allo stesso tavolo
per condividere con tutti i suoi membri
i pranzi e le cene dialogando con la stessa favella.
E, tutti i cittadini dovrebbero essere onesti e consapevoli
per aiutarla a procedere lungo la sua strada terrena.
Ma basta.
La mia patria lontana è dento di me
perchè in essa mi è toccato in sorte di nascere
ed essa mi ha involontariamente permeato
con le sue parole, la sua arte, il suo pensiero negli anni.
Nel tepore delle sue braccia mi sento a casa
indipendentemente dai suoi molti errori
per cui potrei rivolgere delle critiche o dei rimproveri.
E’ spesso così difficile andar d’accordo in cinque o sei in famiglia,
figuriamoci se si è milioni di formiche sparse,
tanto simili, ma tanto differenti ad un tempo.
A lei io sono legata strettamente
come le pagine di un libro
di cui fanno inscindibilmente parte
che se le strappi c’è un vuoto enorme
e della trama il senso è incompiuto e povero.
Lei vive in me.
nella parte più segreta e protetta del mio pensiero
dove da anni sta in un dolce e benefico letargo
che alimenta e illumina tutti i miei nuovi giorni.
Luciana Frassetto