…’la crisi e la formica utopista’

Gene­ra­zio­ne decre­scen­te: la cri­si e la for­mi­ca utopista

Fine del lavo­ro, del futu­ro, del­la socie­tà civi­le pro­tet­ta dai dirit­ti di cit­ta­di­nan­za. Fine di tut­to quel­lo che sia­mo sta­ti abi­tua­ti a pen­sa­re come desti­no, con­sue­tu­di­ne, stan­dard di vita, aspet­ta­ti­ve. E’ scop­pia­ta una guer­ra: era pron­ta da trent’anni, ma qua­si nes­su­no se n’era accor­to – men che meno la sini­stra, par­ti­ti e sin­da­ca­ti. Oggi vaghia­mo smar­ri­ti tra mace­rie lun­ga­men­te pro­gram­ma­te: per­si­no l’incresciosa ele­mo­si­na degli 80 euro pro­mes­si da Mat­teo Ren­zi può appa­ri­re una buo­na noti­zia, anche se ha il sapo­re del­la mine­stra del­la Cari­tas o del­la distri­bu­zio­ne di aiu­ti uma­ni­ta­ri nel Dar­fur. Sia­mo in guer­ra, ma c’è chi ragio­na come se fos­si­mo anco­ra in tem­po di pace. Lo fan­no i poli­ti­ci, natu­ral­men­te, pro­fes­sio­ni­sti dell’elusione del­la veri­tà esat­ta­men­te come i mag­gio­ri media. E lo fan­no pure, a modo loro, gli illu­mi­na­ti soste­ni­to­ri dell’eresia decre­sci­sta: dico­no che il siste­ma si è rot­to sem­pli­ce­men­te per­ché “dove­va” rom­per­si, non pote­va durare.
Cer­to, l’attuale model­lo di svi­lup­po ha avve­le­na­to la Ter­ra e pro­dot­to soli­tu­di­ne e depres­sio­ne. E ora che s’è incep­pa­to, abban­do­na al suo desti­no i Gio­va­ni costret­ti al pre­ca­ria­to, pri­ma “gene­ra­zio­ne decre­scen­te” del­la sto­ria occi­den­ta­le moder­na, quel­la che sa di non poter ave­re quel­lo che ebbe­ro tut­te le gene­ra­zio­ni pre­ce­den­ti: la legit­ti­ma spe­ran­za di cre­sce­re anco­ra. Il che però non signi­fi­ca, di per sé, pre­ci­pi­ta­re nell’abisso: ci si può attrez­za­re per vive­re meglio, comun­que, a pre­scin­de­re dall’ecatombe del Pil. E’ la tesi di Andrea Ber­ta­glio, clas­se 1979, espres­sa nel­la sua ulti­ma dolen­te rico­gni­zio­ne edi­to­ria­le pre­sen­ta­ta da Mau­ri­zio Pal­lan­te, di cui è stret­to col­la­bo­ra­to­re. Il libro si affac­cia con ango­scia sul pano­ra­ma deso­lan­te dei coe­ta­nei, tra­di­ti dal­le fal­se pro­mes­se del­lo svi­lup­po illi­mi­ta­to e con­dan­na­ti all’esilio o al call cen­ter, in pre­ca­ria alter­na­ti­va alla disoc­cu­pa­zio­ne peren­ne, men­tre intor­no si sfa­scia­no, gior­no per gior­no, tut­te le cer­tez­ze del siste­ma Ita­lia. Sta fra­nan­do, il nostro pae­se, che pure mili­ta­va nel G7 – set­ti­ma poten­za indu­stria­le del mon­do – e che l’Eurozona dell’austerity ha let­te­ral­men­te declas­sa­to, stron­ca­to, ridot­to a men­di­ca­re cle­men­za dai poten­ti signo­ri di Bru­xel­les, che peral­tro nes­su­no ha mai eletto.
Tut­to que­sto acca­de, sosten­go­no ormai mol­ti ana­li­sti, per­ché l’élite mon­dia­le non tol­le­ra di dover “divi­de­re la tor­ta” con ormai 7 miliar­di di esse­ri uma­ni e le loro ine­vi­ta­bi­li aspi­ra­zio­ni di con­su­mo. Cibo e ter­re, acqua, ener­gia, tec­no­lo­gia, mer­ci. Il risve­glio dell’ex ter­zo mon­do, oggi gui­da­to dai Brics, dopo la cadu­ta dell’Urss ha fat­to esplo­de­re il busi­ness del­la glo­ba­liz­za­zio­ne sel­vag­gia, le delo­ca­liz­za­zio­ni, il lavo­ro schia­vi­sti­co. L’industria? Sem­pre meno con­ve­nien­te, per gli anti­chi “padro­ni”: meglio la pura spe­cu­la­zio­ne finan­zia­ria. A una con­di­zio­ne, essen­zia­le: sba­rac­ca­re l’ostacolo del­la poli­ti­ca demo­cra­ti­ca, il wel­fa­re, la sovra­ni­tà degli Sta­ti, le leg­gi a tute­la del cit­ta­di­no, i dirit­ti del lavo­ro. Per teo­ri­ci intran­si­gen­ti come Pao­lo Bar­nard – che cita eco­no­mi­sti come il fran­ce­se Alain Par­guez, già insi­der all’Eliseo – basta dare un’occhiata alle bio­gra­fie dei padri fon­da­to­ri dell’Unione Euro­pea (l’autoritario Mit­ter­rand, “monar­chi­co” come il suo guru Jac­ques Atta­li, e il pri­mo pre­si­den­te del­la Com­mis­sio­ne Euro­pea, Jac­ques Delors, defi­ni­to “uomo dell’Opus Dei”) per capi­re che raz­za di pro­get­to – a voca­zio­ne feu­da­le – sia quel­lo dell’Ue, di cui l’euro rap­pre­sen­za il brac­cio arma­to, con un uni­co Noam Chom­sky­gran­de obiet­ti­vo: rade­re al suo­lo la sovra­ni­tà finan­zia­ria degli Sta­ti mem­bri, e quin­di la loro resi­dua capa­ci­tà di pro­teg­ge­re le rispet­ti­ve comu­ni­tà nazionali.
Il tra­col­lo è ovvio, per­fet­ta­men­te volu­to. Se pri­va­tiz­zi la mone­ta crol­la tut­to, a casca­ta: cre­di­to, spe­sa pub­bli­ca, set­to­re pri­va­to dell’economia, occu­pa­zio­ne, rispar­mi del­le fami­glie. “Masters of the Uni­ver­se”, li chia­ma Noam Chom­sky. Sono l’élite pla­ne­ta­ria, ere­de dell’oligarchia occi­den­ta­le che per due seco­li, e in par­ti­co­la­re nel­la secon­da metà del ‘900, ha subi­to come un affron­to la nasci­ta del­la demo­cra­zia moder­na, l’avvento del­lo Sta­to come ero­ga­to­re di benes­se­re mate­ria­le per i pro­pri cit­ta­di­ni, gra­zie alla libe­ra crea­zio­ne di mone­ta. Oggi? Si stan­no sem­pli­ce­men­te ripren­den­do tut­to, abo­len­do di fat­to la demo­cra­zia. E lo fan­no in un mon­do sovrap­po­po­la­to e minac­cia­to da più cri­si, con­co­mi­tan­ti e tut­te poten­zial­men­te leta­li: ener­gia, cli­ma, eco­no­mia, acqua, cibo, ambien­te. Per Giu­liet­to Chie­sa, auto­re del sag­gio “Inve­ce del­la Cata­stro­fe” che par­te dal­le dram­ma­ti­che pro­fe­zie del Club di Roma sui rag­giun­ti limi­ti del­lo svi­lup­po del capi­ta­li­smo colo­nia­le e mer­can­ti­le, ci sono tut­te le con­di­zio­ni geo­po­li­ti­che per teme­re l’avvento di una Ter­za Guer­ra Mondiale.
Dopo l’11 Set­tem­bre la sto­ria s’è rimes­sa a cor­re­re: Iraq e Afgha­ni­stan, Libia e Siria, ora Ucrai­na. Evi­den­te il ten­ta­ti­vo degli Usa di coin­vol­ge­re l’Europa in una dram­ma­ti­ca sfi­da con la Rus­sia. Obiet­ti­vo: fer­ma­re l’avanzata del­la Cina, sfrut­tan­do l’unico vero van­tag­gio di cui gli Sta­ti Uni­ti anco­ra dispon­go­no, cioè la supre­ma­zia tec­no­lo­gi­co-mili­ta­re. Il gua­io, avver­te uno sto­ri­co medie­vi­sta come Fran­co Car­di­ni, è che ormai a deci­de­re non sono più i gover­ni elet­ti dal Par­la­men­to, per­ché tut­te le mag­gio­ri isti­tu­zio­ni nazio­na­li e soprat­tut­to inter­na­zio­na­li – poli­ti­che, diplo­ma­ti­che, eco­no­mi­che, finan­zia­rie – sono capil­lar­men­te infil­tra­te dal­le lob­by, gli emis­sa­ri di un’élite mul­ti­na­zio­na­le che ten­de a mili­ta­riz­za­re il mon­do impie­gan­do mis­si­li-fan­ta­sma, dro­ni-kil­ler, mili­zie pri­va­te, eser­ci­ti mer­ce­na­ri. Si pre­pa­ra­no solu­zio­ni sbri­ga­ti­ve, repres­sio­ni, abo­li­zio­ni di dirit­ti socia­li. Un incu­bo, che aiu­ta a com­pren­de­re lo sce­na­rio nel qua­le sono para­ca­du­ta­ti i tren­ten­ni di oggi. Ragaz­zi a cui anche in Ger­ma­nia, come ricor­da Lucia­no Gal­li­no, vie­ne spie­ga­to che la Gene­ra­zio­ne decre­scen­te mini-job da 500 euro al mese sono un lus­so, dati i tem­pi che cor­ro­no. C’è una guer­ra in cor­so, appun­to. Ma anco­ra si sten­ta a rico­no­scer­la, a denun­ciar­la come tale.
Di recen­te, in un incon­tro coi ragaz­zi tori­ne­si del Movi­men­to per la Decre­sci­ta Feli­ce, un intel­let­tua­le ultra-indi­pen­den­te come Gui­do Cero­net­ti ha ammes­so la pro­pria nostal­gia per il socia­li­smo, cioè un siste­ma in cui lo Sta­to garan­ti­sca pari oppor­tu­ni­tà per tut­ti, abo­len­do i pri­vi­le­gi dei ric­chi. Lo Sta­to è il gran­de assen­te dei nostri gior­ni: pri­van­do­lo del­la sua sovra­ni­tà fisio­lo­gi­ca, i trat­ta­ti-cape­stro di Bru­xel­les lo costrin­go­no a tra­sfor­mar­si in spie­ta­to esat­to­re, non aven­do più altra fon­te finan­zia­ria che quel­la fisca­le. Un libe­ro pen­sa­to­re come Alex Lan­ger, pro­fe­ta euro­peo dell’ambientalismo poli­ti­co, si bat­tè già negli anni ‘80 per il gran­de cam­bia­men­to oggi invo­ca­to dagli eco­lo­gi­sti: sape­va benis­si­mo che solo il gover­no, inve­sten­do dena­ro sovra­no attra­ver­so la spe­sa pub­bli­ca e quin­di il debi­to, può impri­me­re una for­te ecce­le­ra­zio­ne a qual­sia­si poli­ti­ca di rico­ver­sio­ne soste­ni­bi­le dell’economia. Ber­ta­glio lo cita in un pas­sag­gio del suo libro: «La con­ver­sio­ne eco­lo­gi­ca potrà affer­mar­si sol­tan­to se appa­ri­rà social­men­te desi­de­ra­bi­le». E’ esat­ta­men­te il cri­na­le – innan­zi­tut­to cul­tu­ra­le – su cui si impe­gna­no i pro­mo­to­ri del­la decre­sci­ta intel­li­gen­te, da Pal­lan­te a Latouche.
E’ anche il cuo­re dell’indagine che Andrea Ber­ta­glio con­du­ce con voce disar­ma­ta, par­ten­do dal­la pro­pria espe­rien­za per­so­na­le, a con­fron­to con quel­la di suo padre e, pri­ma anco­ra, di suo non­no. E’ crol­la­to un mon­do, il loro. E que­sto di oggi, popo­la­to di gio­va­ni spae­sa­ti e costret­ti a far­si man­te­ne­re dai geni­to­ri, rinun­cian­do all’idea di met­ter su casa, è qual­co­sa che – per la pri­ma vol­ta – fa dav­ve­ro pau­ra. Quel­la del­la decre­sci­ta (s’intende: decre­sci­ta del Pil, degli spre­chi, dei vele­ni) è una sor­ta di bus­so­la: se lavo­ri come un paz­zo e spen­di tut­to quel­lo che gua­da­gni, fini­sci col non sape­re nep­pu­re più cosa stai facen­do, e per­ché. A cosa ser­ve il lavo­ro che attual­men­te – quan­do c’è – ci dà da vive­re? Ricon­ver­sio­ne: di cer­to, un lavo­ro social­men­te uti­le fa vive­re meglio, anche se maga­ri fa cala­re il Pil per­ché com­por­ta meno con­su­mi, meno spo­sta­men­ti, meno spe­se. E’ la filo­so­fia del­la filie­ra cor­ta, dei ter­ri­to­ri soste­ni­bi­li, del “meno e meglio”. La stra­da imboc­ca­ta da Rober­to, che ha mol­la­to il lavo­ro d’ufficio a Caglia­ri e si è mes­so con Andrea Ber­ta­glio a fare l’orticoltore in un pae­si­no del­la pro­vin­cia. O quel­la – spet­ta­co­la­re – dei ragaz­zi di Pesco­mag­gio­re, l’ecovillaggio fat­to di case di paglia.
I pio­nie­ri dell’economia soste­ni­bi­le sem­bra­no scan­sa­re il dilem­ma poli­ti­co dei rap­por­ti di for­za, quel­li cioè che – attra­ver­so le ele­zio­ni – pos­so­no far vin­ce­re un’idea, tra­sfor­man­do­la in azio­ne pub­bli­ca rego­lar­men­te finan­zia­ta. Si dif­fi­da, pur­trop­po (ma com­pren­si­bil­men­te) del­le orga­niz­za­zio­ni poli­ti­che, pre­fe­ren­do l’azione diret­ta, pro­mos­sa dal bas­so. Come quel­la del Comi­ta­to Rifiu­ti Zero che, ricor­da Ber­ta­glio, ha impo­sto «la vit­to­ria del popo­lo val­do­sta­no con­tro l’affarismo», che vole­va il soli­to ince­ne­ri­to­re. Lea­der del comi­ta­to di lot­ta, il gio­va­ne medi­co Jean-Louis Ail­lon, diri­gen­te Mdf. Un ragaz­zo di 29 anni, che ha scel­to di lavo­ra­re meno – come guar­dia medi­ca – per ave­re più tem­po per l’orto e la pro­du­zio­ne di for­mag­gi desti­na­ti Jean-Louis Aillonall’autoconsumo. «Se lavo­ras­si sol­tan­to per diven­ta­re ric­co e famo­so, sarei pre­sto mol­to depresso».
L’ennesimo inge­nuo uto­pi­sta? «La sele­zio­ne natu­ra­le ha pre­scel­to l’istinto uto­pi­sta», rispon­de il dot­tor Ail­lon. «Spe­ra­re in un mon­do miglio­re, met­te­re in cri­si il rea­le, lot­ta­re per i pro­pri sogni, è qual­co­sa che è sta­to iscrit­to nel nostro pari­mo­nio gene­ti­co. Per­ché favo­ri­sce la soprav­vi­ven­za del­la spe­cie». Uto­pia, maneg­gia­re con cura: quel­lo che può appa­ri­re debo­lez­za, è esat­ta­men­te il suo con­tra­rio. Nel libro di Ber­ta­glio, Jean-Louis ricor­re a un curio­so para­go­ne: «Se met­tia­mo a con­fron­to il nostro cin­quan­ten­ne medio, disil­lu­so e sen­za spe­ran­ze, con una spe­cie di for­mi­che uto­pi­sta, che sogna e si bat­te per un mon­do diver­so, pos­sia­mo vede­re che quest’ultima è mol­to più for­te e soprav­vi­ve». Inu­ti­le negar­lo: «Noi abbia­mo den­tro que­sto patri­mo­nio gene­ti­co, che la cul­tu­ra odier­na cer­ca di spe­gne­re. L’ingenuo, sem­mai, è chi non lo rico­no­sce». “Cul­tu­ra odier­na” o pia­no gol­pi­sta di un pugno di cri­mi­na­li? Pun­ti di vista. In ogni caso, non resta che tifa­re per la “for­mi­ca uto­pi­sta”. Farà in tem­po a fer­ma­re i car­ri arma­ti neo­li­be­ri­sti di Har­vard, quel­li che sug­ge­ri­sco­no all’euro-totalitarismo la dot­tri­na dell’austerity espan­si­va che ucci­de come mosche i bam­bi­ni di Ate­ne e ci pre­ci­pi­ta tut­ti ver­so la Grecia?

(Il libro: Andrea Ber­ta­glio, “Gene­ra­zio­ne decre­scen­te”, rifles­sio­ne auto­bio­gra­fi­ca sul mon­do che è – e che potreb­be esse­re, con pre­fa­zio­ne di Mau­ri­zio Pal­lan­te, Edi­zio­ni Età dell’Acquario, 103 pagi­ne, 14 euro).

http://www.libreidee.org/2014/03/generazione-decrescente-la-crisi-e-la-formica-utopista/

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